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martedì 7 settembre 2010

Back to Whatever Reality

La prima cosa che mi ha detto Erin, l'autista dello "Xcxoolbus", quando il ciclico cambio di posti nel dipintissimo e vecchissimo scuolabus che arrancava sulla I-80 in direzione Reno, mi ha spinto fino al sedile davanti, é stata:

"Are you a virgin Marco?" (verginitá da BM s'intende)
al che io rispondo "Yes"
al che lui risponde "So don't ask questions about it".

Non che Erin, un capelluto e chubby meccanico/falegname/tuttofare/artista (categoria sociale che sembra farla da padrone al BM) di Oakland, fosse scontroso (anzi, l'archetipo del bonaccione sorridente), la secchezza della risposta si riferiva al fatto che il Burning Man sia un evento/esperienza/comunitá che trascende le ben note barriere del comunicabile. A meno che non lo si voglia descrivere come "cinquantamila hippie nel deserto".

Quindi, checché ne dica la saggezza comune di Black Rock City, passo a infrangere le mie gengive contro la barriera del comunicabile.

Premetto che i ricordi sono decentemente confusi e annebbiati, e che la veritá storica mi sia in svariati punti inaccessibile (quindi diligentemente rimpiazzata). Tutto é iniziato una domenica mattina, quando io e Ida, un'amica valkiria scandinava, abbiamo caricato armi e bagagli (e inspiegabilmente un tappeto) sulle nostre biciclette di fortuna, messe insieme nei giorni precedenti con pezzi e scarti trovati nei bike-sheds di varie co-ops a Berkeley, e abbiamo pedalato per due miglia fino al punto di incontro per i passeggeri dello Xcxoolbus, ovvero la location piú inquietante: una strada scalcinata tra un trailer-park con tanto di rot-weiler sbavante legato a una roulotte e un'autostrada. Ad attenderci c'erano quattro giovani e pelose hippie del Wisconsin, tre New Yorkesi un po' impacciati, Mandhar, un piccolo raver indo-britannico, Bryan, un crestuto meccanico di biciclette cresciuto nella desolazione di Wassilla, Alaska (cittá dell'odiatissima Sarah Palin) e poi fuggito alle Hawaii, ed infine "Twatrick", un rimastone giramondo sdentato di quarantanni anagrafici ma molti di piú in faccia, che si presentava a noi e al mondo con una cintura di pelle e orsacchiotti di ogni tipo, perché "your clothes say a lot about you, and mine say I love little girls", come dimostrava la silente ragazza diciannovenne che "Twatrick" si portava appresso.

Io e Ida, un po' intimiditi da tanta umana varietá, facciamo le dovute presentazioni e ci sediamo in attesa di sto benedetto scuolabus trovato su craigslist. Le ore passano ed iniziamo a temere la chioda.

Infine lo xcxoolbus arriva, e risponde esattamente alle nostre aspettative: un autobus giallo completamente ridipinto in stile "In Fondo Al Mar" sotto lsd. A bordo si trovano l'Erin di cui sopra, Karen, un'hippie sessantenne ricolma di premure, Jean Paul, un filosofo canadese quasi muto e forse frocio, e Syrious, un quarantenne scultore afro-americano di West Oakland.

Carichiamo i nostri backpacks stracolmi, issiamo le biciclette sul tetto del bus e partiamo alla volta di Black Rock City.

E ci fermiamo quaranta minuti piú tardi perché la trasmissione del xcxoolbus esplode.

Spenta la mini-ondata di olio bruciato e panico, Erin e Bryan prendono il controllo della situazione e re-inseriscono la trasmissione nel suo apposito alloggio. Decidiamo di fermarci al Wal-Mart piú vicino per comprare olio e pezzi di ricambio. Usciamo dalla 80 ed entriamo nel parcheggio della mecca del consumismo middle-class made in USA, traboccante di pick-up sovradimensionati e famiglie grasse e annoiate. Mentre l'autobus gira attorno al parcheggio in attesa di Erin, tutti i nativi ci guardano con un misto di terrore e meraviglia. Twatrick urla dal finestrino "finalmente avrete qualcosa di cui parlare stasera a cena!". Bryan ci consiglia di fargli delle foto, come fossimo turisti in una strana terra aliena. In qualche modo lo siamo, ma forse non abbastanza, dal momento che l'olio e i pezzi di ricambio ce li vende sempre mamma Walmart. Una bimba asiatica alla nostra vista scoppia in lacrime. Tornato Erin, si riparte.

Il sonno prende il sopravvento, e ranicchiato nel mio sedile dimensione bimbo, mi addormento. Mi sveglio quattro ore dopo, nei pressi di Reno, quando raccogliamo l'ultimo passeggero, Bud, un cowboy psichedelicheggiante, che ci saluta tutti con entusiamo e cioccolatini alla psilocibina, preparati con amore dalla moglie. Cortesemente rifiuto per paura di non riuscire a gestire la situazione, come fanno tutti gli altri verginelli. Twatrick, per la gioia di tutti, si mangia il surplus, una dose di psilocibina che potremmo definire "eroica", o sufficiente per porre una considerevole distanza tra la realtá e un'intera squadra di calcio piú la panchina. Dopo mezz'ora, per il terrore di tutti, Twatrick comincia a delirare, parlando di una certa barca che ci caricherá tutti un giorno, e imitandone la sirena. Syrious, un omaccione alto quasi due metri, empatizza con il nostro terrore e si sposta vicino a lui, in funzione di baby-sitter.

Arriva il tramonto, e dopo quasi dieci ore di viaggio usciamo dall'autostrada, e il paesaggio inizia a farsi desertico. Le montagne del Nevada a questo punto sono molto rosse. Dopo qualche minuto di strada impolverata a una corsia, inizia la coda. Inizia e non finirá piú, fino alla fine del viaggio, sei ore piú tardi. Gli animi dei verginelli sono stanchi ma comprensibilmente ancora eccitati, gli animi dei veterani sono sotto psichedelici.

Dopo ore, arrancando a forza di venti metri poi freno venti mentri poi freno, arriviamo ai cancelli. Albeggia, e la luce rosa che rimbalza sulle montagne attorno alla playa illumina le facce stanche di centinaia di giovani burners in fila per ritirare il biglietto. L'atmosfera é pesantemente surreale. Data l'ora e la stanchezza, tutti sono surrealmente amichevoli. Ritirati i biglietti, rimontiamo sull'autobus assieme a quattro nuovi verginelli che necessitano un passaggio, e arriviamo ai "greeters", il primo degli infiniti piccoli rituali di cui é fatta Black Rock City. Noi verginelli, una decina in tutto, scendiamo dall'autobus e veniamo sistemati in fila da una madre superiora salutatrice. É arrivato il momento di accetare la playa dust, la sabbia sottile come seta che ricopre la spianata del Black Rock Desert e i suoi ospiti, e che nella settimana seguente si infiltrerá senza via di scampo in qualsiasi vestito/poro cutaneo/capello/mucosa/orifizio/possedimento terreno che ci portiamo appresso. Prima accetti il nuovo paradigma di "te stesso + sabbia" meglio é. Lottare é inutile. La fila di verginelli viene fatta stedere a terra. La madre superiora ordina prima di fare un angelo nella polvere, poi di rotolarcisi, poi, per chi se la sente, di leccarla. La lecco. La sabbia del Black Rock Desert ha la particolaritá di essere incredibilmente basica, in pratica una distesa di fine soda caustica, talmente basica da succhiare via ogni residuo di H2o da qualsiasi tessuto, biologico o meno. Uno dei tanti fattori che rendono impegnativa la sopravvivenza in questo luogo. La lingua si tramuta all'istante in un limone rinsecchito. Ci rialziamo e uno alla volta suoniamo un enorme campana di rame, che segna ufficialmente la fine della nostra verginitá.

Rimontiamo sull'autobus ed iniziamo ad attraversare le neonate strada dell'emergente Black Rock City. La pianificazione urbana a forma di C



é giá in piedi da mesi, ma gli abitanti iniziano lentamente a prendere i posti assegnatili nei vari campi solo ora. Lo xcxoolbus arriva a destinazione, 7,45 e Edinburgo (il sistema di orientamento di BRC é basato su un orario, che rappresenta la posizione rispetto ad un ipotetico orologio con al centro il Man, ed una lettera, in questo caso E, che si riferisce alle strade concentriche che partono da A ed arrivano a K), in un campo di circensi omosessuali amici di Erin chiamato "Cirque du So Gay". Veniamo accolti con della pizza vegana e degli abbracci al limite del sexual harrassment. Aiutamo a scaricare l'autobus, salutiamo tutti a parte Twatrick, ancora ben lontano dal percepire la realtá che percepiamo noialtri, e ci mettiamo in marcia alla ricerca del nostro campo, che da sulla Esplanade, l'immensa area centrale, alle 3 e tre quarti. Il nostro campo si chiama Black Rock Transit, organizzato da un gruppo di amici di amici che vive in una co-op a SF, nonché sottocampo dell'Illumination Village, un aggregato super-attrezzato di campi che esiste da una quindicina d'anni. Il nostro campo ha un enorme autobus di quelli che si piegano, trasformato in bruco verde.

In teoria non dovrebbe riuscire difficile trovarlo. In pratica invece risulta difficilissimo, non tanto per le dimensioni del bruco verde o per la difficoltá di navigazione della geografia urbana di BRC, quanto perché la nostra capacitá d'attenzione, giá provata di suo, viene rapita a ogni pié sospinto dagli assurdi livelli di assurditá che ci circonda, costringendoci a centinaia di stop e centinaia di esclamazioni tipo: "Whoa, look at that!", "oh my God have you seen that?", "I can't fucking believe this!", "Where the fuck are we?".

Iniziamo a imparare la prima grande lezione di BRC: qui é difficile avere un piano e metterlo in pratica, perché il posto ti regala automaticamente l'ADD, e la facilitá alla distrazione di un bimbo di sei anni.

Dopo quasi un'ora finalmente troviamo il nostro campo, montiamo la tenda e crolliamo di stanchezza nel freddo dell'alba.

Ci risvegliamo dopo qualche ora e qualche decina di gradi in piú, con la tenda che trasuda condensa. Usciamo e ci ritroviamo catapultati in un altro mondo ancora, la densitá di popolazione attorno a noi sembra raddoppiata. Gli altri abitanti del campo sono in piedi, e iniziamo il lungo giro di presentazioni. Tutti sono piú o meno bianchi, a parte Jack Chi (un adorabile piccolo ninja di Taiwan che a 25 anni ha alle spalle giá un divorzio, una compagnia informatica e un ricovero in clinica dopo aver preso 20 cartoni d'acido) e Godham (un alto e allampanato ragazzo indiano con un PhD in neuroscienza, che si rivelerá una delle conoscenze piú apprezzabili del campo). Tutti altamente educati (PhD di qua ed MIT di la), il che mi rincuora sulla demografia del posto. Prima dell'arrivo temevo che la stragrande maggioranza dei partecipanti fossero o hippie rimastissimi o raver ancora piú rimastissimi, e benché queste due categorie siano tra le piú rappresentate, BRC si é rivelata sociologicamente ben piú variegata delle mie aspettative (BRC si é rivelata molto piú delle mie aspettative sotto qualsiasi livello).

BRC dunque non é solo hippie e ravers, ma anche ingegneri e artisti, informatici (un sacco) e filosofi, scienziati e persone diversamente creative e diversamente sessuate. L'unica costante é l'abbigliamento assurdo e impolverato.

Il Vostro scrivente, nel suo piccolo, ha passato gran parte della settimana cosí vestito: piedi nudi (a mio rischio e pericolo, il contatto prolungato con la sabbia basica della playa infatti crea delle enormi e dolorissime crepe nel tessuto cutaneo, che ho scampato grazie a una buona dose di pediluvi a base di aceto), un kilt rosso sorretto da un enorme cintura di corda nera intrecciata, che si alzava ad ogni folata di vento rivelando alla playa intera le pochezze della mia virilitá, un delizioso vestitino da donna blu con decollete di perline hippieggiante che metteva in risalto il petto, invidiatomi e richiestomi da svariate burners (il vestito, non il petto), un cappello da cowboy con occhio di lapislazzulo finto sopra la fronte, ed ovviamente una maschera da snowboard per le inevitabili tempeste di sabbia.

Io e Ida passiamo il resto della giornata a esplorare, quasi in silenzio, cercando di "taking it all in, as much as we can", con gli occhi stralunati e l'espressione di un bimbo inebetito davanti a centinaia di ore della televisione piú inebetente.

Arriva la sera, e Black Rock City si trasforma completamente, da trailer-park in mezzo al deserto, a distesa psichedelica di luci multicolore, alcune stabili, molte in moto continuo sulle innumerevoli installazioni mobili o interattive che si trovano sull'esplanade, o sulle centinaia di "Mutant Vehicles" che attraversano le strade della cittá, o sulle migliaia di burners e relative biciclette che la notte si ricoprono di led, glow-sticks e luci di ogni tipo (sia per motivi estetici, sia perché é fottutamente pericoloso andarsene in giro non illuminati sulla playa). Non ho ancora assunto niente, ma sento comunque quelle farfalle nello stomaco tipiche del "coming up" da psichedelici.

Si dice che nella playa non devi cercare nulla, perché se cerchi qualcosa non lo trovi, e se non lo cerchi, ti troverá lui. Nonostante la banalitá della massima, risulta presto vera. Pianificare, cercare, chiedere, sembrano tutte azioni inutili, ansiogene e poc'altro. Invece basta imparare ad accettare i doni della playa, e i doni arriveranno, copiosi. La prima sera, mentre passeggiavo solitario sull'esplanade, meravigliato ai limiti della meraviglia, cercando di trovare un compromesso tra la realtá conosciuta e quello che mi entrava negli occhi, m'imbatto in un gruppo di ragazzi dell'Ohio radunati di fronte a un albero di quattro metri fatto di teschi di animali trovati nel deserto (veri teschi, vero deserto). Mi salutano tutti con la cordialitá amorevole che impareró essere il denominatore comune degli abitanti della playa, e dopo qualche chiacchiera mi offrono dei biscotti ai funghi. Vorrei rifiutare, perché giá di mio decisamente sopraffatto nei sensi. Tuttavia, con giusto un pelo di peer-pressure, ne mangio uno.

Si apre un capitolo della mia vita non traducibile in parole. Non posso neanche dirvi "lo lascio alla vostra immaginazione", perché so che la vostra immaginazione, per quanto fervida e ammirevole, fin li non c'arriva. Sta di fatto che non dormo per le seguenti 20 ore, e continuo a vedere luci multicolore anche nel pieno del giorno seguente.

Poi i giorni iniziano a strabordare uno nell'altro, in un lunatico viaggio a corrente alternata di sconvolgimenti e rassicurazioni.

Si aggiungono altri vecchi amici da Berkeley, e andiamo alla scoperta del lato "rave" di BRC. Passiamo una notte a ballare in giro su veicoli mutanti (balliamo su un enorme autobus/nave pirata, balliamo su un enorme fienile stile missisipi psichedelico semovente, balliamo su un enorme orso polare sputafuoco), fino all'alba e al sonno che pensavo non sarebbe mai arrivato, perché BRC non tace, mai, e le temperature variano dal limite dell'ipotermia la notte, alla morte per disidratazione quando il sole ti coglie nella tenda.

Durante il giorno continuo ad esplorare freneticamente, alternando piani falliti (all'entrata ti forniscono di una "event guide", un libricino di un centinaio di pagine, che recita all'incirca dieci eventi diversi all'ora, e che i burner piú esperti consigliano di leggere una volta per trovare uno o due eventi da non mancare, e poi gettare nel primo fuoco che incontri) a incontri fortuiti e meravigliosi. Gli unici eventi che entro la fine della settimana avró pianificato e messo in atto con successo saranno due:
- un workshop di rope-bondage, dove mi insegnano a legare un altro essere umano a scopi sessuali senza rendere l'esperienza estremamente sgradevole o dolorosa, e senza dover imparare con l'esperienza (e il dolore) (cosa che mi é stata in qualche modo richiesta, anche se alla fine si é rivelato molto divertente, e ora so un sacco di cose su nodi fissi e punti di pressioni con e senza terminazioni nervose)
- una lecture al Playaosophy camp, sul perché noi esseri umani troviamo il fuoco cosí affascinante

per il resto "things you stumble on while wandering"

continua

8 commenti:

  1. Un po' di invidia, soprattutto per il deserto e la comunità. Però ieri ho visto seu che si liberava delle tue spoglie terrene, che non è male come esperienza rivelatrice.

    http://www.youtube.com/watch?v=qCVQpcY1au4

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  2. io ho verbalizzato un esame e ieri ho messo una supposto di tachipirina.

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  3. quindi, perno, otterrai un ipotesi di guarigione.

    (per i fighetti letterati l'apostrofo è volutamente omesso)

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  4. odiatissima Sarah Palin
    Twatrick Antonellini
    centinaia di giovani burners in fila per ritirare il biglietto
    "te stesso + sabbia" = sabbia alla seconda. (a destra)
    Cirque du So Gay
    voglio il tuo petto


    la tua tenda del BM è la stessa che io chiamo la mia tenda?
    mi pensavi un po'?

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  5. giá, e ora é uno strato di sabbia alcalina
    si ti ho pensato, ma ho pensato stranamente soprattutto al garotti, che se mai finisce al bm non ne esce piú

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  6. beh, è normale pensare soprattutto al garotti, in generale.
    perchè lui è bello!

    voglio una foto di me, te e la tendalcalina abbracciati.
    poi, dietro il simbolico pagamento di una moretti da 66cl ghiacciata, potrai tenere la tenda.
    diventerà la tua tenda del BM che prima era la mia tenda.
    feticcio.

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  7. deal

    renato mi dovra poi spiegare la storia delle spoglie mortali, che a quanto mi dice il mio senso di propriocezione, sono ancora ben attaccate all'anima immortale

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  8. come immaginavo non era un party di monachelle questo BRC.
    Mi torna in mente una scena di Paura e delirio a Las Vegas, ma credo la terrò per me.

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