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giovedì 30 settembre 2010

Scomodo

Ce sta un detto de Combucio che dice siedete sur fiume e aspetta il cadavere del tuo nemico. Però se er fiume è il Tevere il cadavere è il tuo perché te se magnano li sorci.

lunedì 27 settembre 2010

Hugh make me feel like a natural woman

Scopro recentemente che esiste un crostaceo invisibile ad occhio nudo che vive sulla spiaggia cibandosi di alghe putrescenti il quale ha pero’ una predilezione per il sangue umano. Salta fino a 40cm in altezza e se vai nel suo habitat naturale, diciamo sull’Isola di Ocracoke in Carolina del Nord, poi te lo riporti a casa con te e non se ne va mai piu’.

E rimane li’ carino e pronto per il viaggio mentre fai il campeggiatore intorno al falo’, e forse sente il sapore dei marshmellows arrostiti e della tequila nel tuo sangue. Magari stringe amicizia con I crostacei dei tuoi amici, e decide di organizzare una festa sulla tua faccia mentre dormi in tenda con cinque altre persone. Se ne sta li’ buonino durante il giorno mentre attraversi le dune per arrivare al faro di Cape Hatteras che e’ bello e fallico come quello di Dark Fall ma piu’ alto e non troppo lontano dalla collina da cui I fratelli Wright hanno fatto decollare il primo aeroplano nel 1903. Li’ c’e’ troppo vento ed il crostaceo, che a titolo narrativo chiameremo Hugh, si ripara dietro le tue orecchie.
Abbiamo anche guidato il traghetto, io e Hugh, perche’ il capitano non vedeva una gonna corta da chissa’ quanto. Ad aprirci la strada una famiglia di delfini che io avevo paura di investire ma che a sentire il fisico fisicato e la biologa giunonica non correvano rischio alcuno.
Al rientro a casa finisce l’estate ed inizia la stagione delle pioggie e Hugh, preso da gran malinconia, passa le sue notti ad abbuffarsi e scrivere lettere d’amore alla sua fidanzata che e’ andata in Turchia con il colombiano neurologo e la moglie. Per consolarlo l’ho portato a vedere North by Northwest di Hitchcock in un piccolo cinema che proietta film d’altri tempi ed abbiamo sorseggiato vino e mangiato hot dogs. Il giorno dopo era tutto contento ed ha organizzato un pic nic sul mio braccio sinistro mentre io bestemmiavo in C++ cercando di scrivere un programma per uno dei nostri esperimenti.
Domenica vado a sentire Richard Dawkins che parla di evoluzione alla Duke.

domenica 19 settembre 2010

Di Seppi, dell'l'ostetrica e deii lunghi pomeriggi di settembre

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In questo momento esatto D. Seppi, noto agl'intimi come Uccio, si è iscritto al corso di Alta Formazione in Management Infermieria e Ostetricia; chissà perchè, poi. E'domenica pomeriggio, lunga e profumata di caffè: Carla copia in bella la tesi che Silvia Mazzacuva ed io le abbiamo scritto in soli tre giorni. Ci siamo fatti in quattro per Carla, tutti, e lei per ringraziamento con chi ha limonato? Con Avicenna.
Ho già portato via il vetro della nostra Festa Erasmus
(nel frattempo a D. Seppi è stata assegnata la matricola 55365 e presto riceverà il bollettino da pagare presso una qualsiasi filiale unicredit)
e messo nella campana del vetro, sotto la pioggia (era ieri, un sabato di pioggia).
La nostra Festa Erasmus di venerdì fu magnifica e bella, molti amici giocarono a beerpong e parlarono nei salotti; altri si vestirono da femmine e andarono all'Estragon. Silvia in particolare ma ancor più Marco dall'Olio: era magnifico e bello, e tutti lo volevano toccare in punti differenti. Gli donarono collane di fiori e cappelli; D. Seppi per la contentezza consumò 48 euro di ginlemon (lo stesso D. Seppi che questo pomeriggio si è iscritto a un corso di alta formazione in ostetricia).
Mi innamorai, nell'ordine, di: giulia-malattia-venerea, chiara pedersoli, mazzacuva, dall'Olio, mazzacuva, mazzacuva, savo, mazzacuva.
Carla limonò duro con Avicenna;
("non è consentita la modifica della domanda, dopo la chiusura della domanda e pagare nuovamente il contributo versato" legge D. Seppi da Almawelcome con voce rotta dal pianto)
e poi tutti insieme limonammo al multisala.
Poi la Festa Erasmus finì, lasciando tutti con un sospiro mozzato; e Marco dall'Olio, bello biondo e scalzo, prese un aereo e andò a Londra, lasciandoci, per consolazione, solo questo lungo pomeriggio profumato di caffè.
Vogliamo ricordarcelo così.






("Porca troia" disse D. Seppi "Ci si potrà disicrivere in qualche maniera")

martedì 14 settembre 2010

Back to Whatever Reality part II

Decomodification, Radical Self-Reliance, Radical Inclusion, Radical Self-Expression, Communal Effort, Leave No Trace, Participation, Immediacy.

Leggi questi, i principi del Burning Man, prima di partire, e pensi che il Burning Man sia come minimo una setta, il parto malato di un guru televangelista.

Questo però è quello che ti dicono dal sito, la descrizione ufficiale che il burning man da di sé stesso. E se nemmeno il burning man in persona (del suo ufficio stampa) non riesce a dare un'idea credibile di se, come posso io?

Negli ultimi giorni mi sono trovato spesso ad affrontare il problema. Ho trovato anche post su forum con consigli su come rispondere alla fatidica domanda "Burning Man? Che è?".

Ho notato che se opti per la risposta "incomunicabilità", fai la figura di chi se la tira perchè ha vissuto cose che voi umani. Se opti per la risposta più pragmatica (e più realisticamente efficiente) "se sei veramente interessato/a, googolalo" fai la figura dello stronzo. Se provi veramente a descriverlo, ti sembrerà sempre di non aver detto abbastanza, e finirai con lo sfondare le barriere dell'attention span (e testicoli) dell'ascoltatore.

Io sto lavorando a una equilibrata routine sotto le cento parole. Me la imparo e buonanotte al secchio.

Ad ogni modo quei principi, che a prima lettura sembrano così ridicoli, li riconosci in fretta, tutti quanti, nella loro assoluta realtà pratica e quotidiana. E poi ti chiedi se siano venuti prima le uova dei principi o la gallina della comunitá.

Decommodification te ne accorgi anche prima di arrivare, dal momento che tutta la commodification necessaria alla tua sopravvivenza la devi fare nei giorni antecedenti la partenza, tutta quanta. Un'orgia di acquisti, perchè a BRC nessuno vende niente, a parte il ghiaccio. Non esistono i soldi. Se sei alle strette, puoi contare solo sul Communal Effort, cioè l'aiuto che ti arriva dagli altri. E ne arriva, quindi non sei mai alle strette (a meno che sotto effetto di qualche strana sostanza decidi che avresti proprio la necessitá di trasformarti in una fontana, e sprechi in giochi d'acqua dalla bocca metà della tua riserva giornaliera). Per il resto, sei da solo, cioè radical Self-Reliance. Devi pensare a tutte le tue necessità di corpo in anticipo, e presentarti sulla playa con tutto ciò di materiale che concerne la tua sopravvivenza di essere umano. E poi non puoi fare giochi d'acqua con la bocca perchè violeresti il principio del Leave No Trace, che è assoluto e inviolabile, e la cui piena portata t'arriva tutta sulla faccia l'ultimo giorno, in cui, dolorante e svuotato di serotonina dall'md della notte prima, devi passare tre ore piegato peggio delle mondine a scandagliare in manovra combinata a rete ogni centimetro quadro del tuo campo in cerca di pagliuzzine, pezzettolini di carta, rimasuglietti biologici e plastichine, mentre ti alterni con gli altri a fare da baby-sitter al povero cinese che la sera prima si è allontanato dal campo con una giacca di led blu e 16 cartoni d'acido in tasca, ed è riemerso dalla tempesta di sabbia solo un paio d'ore fa, nudo, pericolosamente disidratato, con le braccia al cielo e un altro mondo dietro agli occhi. Che abbracci perchè piange e dice che il mondo gli fa male qui (indicandosi le tempie), e poi si soffia il naso nel tuo petto (che tutti vogliono, ricordiamocelo, anche il cinese)

Participation arriva invece un po' dopo, perchè i primi due tre giorni a brc li passi a osservare, alquanto esterrefatto (o senza esterre). Però non partecipare è praticamente impossibile. La comunità è interattiva by design. Anche i più ritrosi verranno coinvolti, trascinati da qualcuno da qualche parte, magari i ragazzi del campo che offre mojito and body painting, che stanno sulla strada e ti chiedono se hai di meglio da fare che berti un mojito ghiacciato e farti dipingere il corpo. Ed ovviamente non hai niente di meglio da fare.
Anche molte opere d'arte e installazioni sono basate sull'interattività. Pedali sull'esplanade e ti imbatti in un salice piangente di led bianchi, con le invitanti fronde sistemate convenientemente ad altezza faccia, ed ovviamente ci corri sotto urlando "weeeee", e al tocco, le fronde del salice ti sorprendono con dolci note di carrillon. Per ogni percorso tra le fronde, una melodia diversa. Oppure incontri una enorme struttura morfofitica che termina in tre braccia dotate di touch-screen, e si illumina di complessi pattern al ritmo di una strana musica. Ti avvicini e scopri che gli schermi non sono altro che sequencer, dai quali tre abitanti della playa possono indipendentemente inserire sample e cambiare musica e luci. Se inizi a cazzeggiare troppo e inserire cose antimusicali a caso, l'intera struttura si ferma di colpo ed inizia a sputare fuoco da decine di bocche nascoste. Come per rimproverarti. Oppure vedi in lontananza delle enormi fiamme salire una dopo l'altra a metri e metri d'altezza, ti avvicini e scopri che è un martellone gigante alto più o meno come palazzo Garrovo, attivato da martellatori presi dal pubblico, che a spediscono le fiamme più o meno in alto a seconda della forza. E qui mi fermo ma potrei andare molto avanti.La cosa incredibile da immaginare é che le centinaia di migliaia di ore spese nel realizzare tutto questo, sono state spese pro bono, da privati cittadini, al solo scopo di interagire con te.

Immediacy ovviamente è abbastanza immediata, perchè ti rendi conto in fretta che tanti piccoli eventi attorno a te sono irripetibili, e se non li vedi adesso non li vedi più. Come la parata DC comics, con centinaia di superman che corrono a braccio teso tra i campi, o la banda dei conigli che attraversa l'esplanade al ritmo di we shall overcome, seguita a ruota dalla protesta delle carote, che portano striscioni e cantano "less stick, more carrot, less stick, more carrot". Come sopra, potrei andare avanti ma non lo faccio.

Anche Radical self-expression la vedi subito, ma è la più lunga e impegnativa da interiorizzare. Perchè si, capisci subito che in sto posto se uno sente il bisogno di vestirsi da carota o da superman o da sexy maid o da uno strano miscuglio di stracci o da niente, lo può fare, o di spendere mesi a costruire un enorme unicorno a motore con cui attraversare la playa in gloria equestre, per poi bruciarlo nei falò finali, altrettanto. Però ci metti un po' a capire che qualsiasi cosa ti senti di fare tu, non i pazzi la fuori ma tu, la puoi fare. Qualsiasi comportamento, nei limiti del rispetto dell'incolumità fisica altrui, è lecito. E quindi ti ritrovi a chiederti ma io cosa cazzo voglio fare. E le facili scuse che ti fornisce il mondo non le puoi usare, e se vuoi fare qualcosa veramente non puoi dirti "eh ma questo non si fa, è indecente/rischioso/assurdo/fuori luogo/schifoso/inappropriato/fraintendibile/ambiguo etc. Perchè lì tu sei misura del tuo mondo e delle tue azioni. E questo è esaltante ed angosciante. Il burning man è come un'enorme lente d'ingrandimento sul tuo superego, che te lo sbatte in faccia e alla lunga te lo brucia pure.

Poi puoi comodamente assistere al suo graduale rimontarsi, al tuo ritorno in qualsiasi realtà.

domenica 12 settembre 2010

Londra di nei ne ha quanti Bruno Vespa

Tutto iniziò con questo indirizzo:

26 Whymark Ave, Wood Green, 
N22 6DJ
London (of course),
Tube Station: Turnpike Lane

Che, guarda caso, è il mio indirizzo di casa. Già perchè da ieri sera ho una casa. 93 sterle a settimana, fronte metro (o quasì), pochi minuti di tubo dalla mia università. A vederla sulla mappa sta così lontana dal centro, la mia casetta. Ed in effetti a piedi ci vorranno 2 giorni buoni di cammino.
Il proprietario, come tutti i proprietari di casa qui, è turco-cipriota. Non fraintendetemi, non sono tutti ciprioti, ma turchi spesso e volentieri. O ebrei. Ad esempio, ho avuto a che fare con Amir, che gestiva il pub più fico di Kentish Town (vicino Camden, sempre Town) e al piano di sopra affittava una casa-torre con beer-garden privato. All'interno, un loft enorme per il sottoscritto e 8 fra australiani, neozelandesi e chissà cos'altro. All'esterno, vernice scrostata e tanta birra. Prezzo stracciato. Unico neo: nessun contratto. Avrei dovuto consegnare i miei soldi al menager del pub in una busta chiusa per bloccare la stanza e aspettare che mi richiamassero. Quando ho scritto ad Amir: dove devo firmare, lui mi ha risposto "nothing to sign". Quando gli ho chiesto di incontrarci, lui mi ha risposto: "there's no need. The room has gone". Ecco, questo era l'altro unico neo. Nessun contratto, nessuna stanza.
A casa mia, invece, quella vera, una stanza ce l'ho eccome. Enorme. Con divano e letto matrimoniale e ampia vetrata. Non fraintendetemi, anche casa mia ha il suo neo. Ad esempio, non posso fare più di una lavatrice a settimana, altrimenti devo pagare 3pound a Erkan, il turco-cipriota (molto attento, ligio e solerte, vi dirò). Oppure se voglio ospitare qualcuno devo pagare 5pound a ospite. Questo, a suo dire, per evitare situazioni di squatting. Ecco, questo è un grande neo, ma bypassabile con la collaborazione dei miei nuovi coinquini, si spera. Una lettone, una polacca, due italiane e un portoghese. E' una specie di casa-ryanair: paghi il volo ad un prezzo stracciato, ma se vuoi gli extra sganci qualcosa. Ci può stare come compromesso? Ve lo dico da sabato,quando mi trasferisco e incontro i miei nuovi coinquilini. Già, perchè in tutto questo non ho mai visto nessuno di loro. Freddie Kruger è in agguato.

Prima di Erkan-il-turco-cipriota, ci sono state nell'ordine: l'islandese che partiva e lasciava la casa dei sogni, carissima e irraggiungibile. La casa pub del buon ebreo che-dio-lo-abbia-in-grazia-anche-lo-zio-Adolfo-cercava-casa-a-Londra. Una casa di cui non ricordo nulla se non che nel mio taccuino c'è scritto "NO SHITHOLE". Un'altra che non ho fatto in tempo a vedere perchè già presa da qualcuno pochi minuti prima che vi giungessi per il viewing. Poi che altro? La casa di Friends, stupenda, due piani soppalcati, mega salotto mega stanza mega coinqulini ultrasimpatici (mexico&nuvole) che facevano le selezioni fumando pigramente drum sul divano mentre gli astanti, nervosi, cercavano di fare del loro meglio per apparire interessanti. Me compreso. Immaginatevi che stile.
A seguire, casa da 40 mq su due piani con 4 stanze, bagno, cucina e sgabuzzino. 40 mq, ripeto, qualora vi fosse sfuggito, con merda di cane davanti al portone e le famiglie povere di arabi che tornavano a casa con 8 bambini. Le madri coperte da capo a piedi, a pochi metri dalla stupenda Brick Lane. Ma quei pochi metri portavano ad un altro mondo, fatto appunto di merde di cane e baby gang appoggiate al muro che ti squadrano.
Ma la casa più bella è stata quella che non ho visto. Sono arrivato verso le nove e mezza in metro. Era l'ultimo avamposto della civiltà, vicino Wembley. Ma non troppo. Io, bianco, vestito di bianco, nel ghetto. Intorno a me solo neri che camminavano a gambe larghe, con le catene d'oro al collo e i crocchietti ai crocicchi e i denti battevano dalla paura. Sirene della polizia in lontanza, ovviamente, e la spiacevole sensazione di essere seguito. Ho preso il primo bus per fuggire di lì, senza mai recarmi all'appuntamento.
Molto peggio della carrello rovesciato sotto il ponte San Donato, Biassoni, molto peggio. O del drogato davanti casa Caduti, Bagnoli, molto peggio.

Insomma, davanti a tutto questo, capisci che Londra è profondamente subdola. Ti sfianca, ti spaventa, ti ammazza con i suoi interminabili tragitti in metro e ti butta giù, tanto giù per un paio di giorni. Dopo, ovviamente, averti illuso il primo. E così ti trovi a vivere nelle case-Ryanair e a ringraziare Iddio di poterlo fare a soli 370e passa pound al mese. Quando, con quella cifra, a Bologna fai colazione con mamma Cancellieri a palazzo d'Accursio o compri palazzo Garrovo.

Fuori c'è il sole, meglio approfittarne.

giovedì 9 settembre 2010

All this talk of gettin' old

Premio per il primo che coglie la citazione. Indizio per i beninformati: Carolyn Rose Sullivan l'ultima lacrimosa sera a Bologna.
La Scimmia Ammerigana.

...'nzomma, la bella gente e il Presidente sono da Maurizio a festeggiare la fine degli esame di Fernando F. , che attualmente abita nell'appartamento più potente della città.
Io ritarderò in maniera spaventevole, perchè le zucchine dell'anno scorso tardano a scongelarsi e non possiamo mangiare i noodles con la salsa d'ostriche senza le zucchine dell'anno scorso.
Nonostante questo nessuno, tranne forse Silvia M. avrà il coraggio di infamarmi.
Domani faccio ventiquattro anni, un età che mi renderebbe molto fiero di me stesso se fossi un rum o altro liquore barriccato.
E quindi, si spera, sono immune.
Invece parleremo malissimo di tutti quelli che partono o sono partiti, che tanto poi tornano e allora non c'è necessità di pianto e stridor di denti.
Poi piangeremo e strideremo coi denti.
Così per un bel po' temo.
Poi sarà mezzanotte e se c'è ancora qualcuno mi toccherà offrire un giro.

Lillo muoviti a postare, ieri abbiamo scommesso che perderai la sfida con Savo perchè in un anno diventerai un panzone gonfio di birra e coi capillari del naso come la bosnia erzegovina.

buona serata a tutti, cicchetto virtuale.

                                                           Vostro Affezionatissimo Senescente Biassoni

martedì 7 settembre 2010

Back to Whatever Reality

La prima cosa che mi ha detto Erin, l'autista dello "Xcxoolbus", quando il ciclico cambio di posti nel dipintissimo e vecchissimo scuolabus che arrancava sulla I-80 in direzione Reno, mi ha spinto fino al sedile davanti, é stata:

"Are you a virgin Marco?" (verginitá da BM s'intende)
al che io rispondo "Yes"
al che lui risponde "So don't ask questions about it".

Non che Erin, un capelluto e chubby meccanico/falegname/tuttofare/artista (categoria sociale che sembra farla da padrone al BM) di Oakland, fosse scontroso (anzi, l'archetipo del bonaccione sorridente), la secchezza della risposta si riferiva al fatto che il Burning Man sia un evento/esperienza/comunitá che trascende le ben note barriere del comunicabile. A meno che non lo si voglia descrivere come "cinquantamila hippie nel deserto".

Quindi, checché ne dica la saggezza comune di Black Rock City, passo a infrangere le mie gengive contro la barriera del comunicabile.

Premetto che i ricordi sono decentemente confusi e annebbiati, e che la veritá storica mi sia in svariati punti inaccessibile (quindi diligentemente rimpiazzata). Tutto é iniziato una domenica mattina, quando io e Ida, un'amica valkiria scandinava, abbiamo caricato armi e bagagli (e inspiegabilmente un tappeto) sulle nostre biciclette di fortuna, messe insieme nei giorni precedenti con pezzi e scarti trovati nei bike-sheds di varie co-ops a Berkeley, e abbiamo pedalato per due miglia fino al punto di incontro per i passeggeri dello Xcxoolbus, ovvero la location piú inquietante: una strada scalcinata tra un trailer-park con tanto di rot-weiler sbavante legato a una roulotte e un'autostrada. Ad attenderci c'erano quattro giovani e pelose hippie del Wisconsin, tre New Yorkesi un po' impacciati, Mandhar, un piccolo raver indo-britannico, Bryan, un crestuto meccanico di biciclette cresciuto nella desolazione di Wassilla, Alaska (cittá dell'odiatissima Sarah Palin) e poi fuggito alle Hawaii, ed infine "Twatrick", un rimastone giramondo sdentato di quarantanni anagrafici ma molti di piú in faccia, che si presentava a noi e al mondo con una cintura di pelle e orsacchiotti di ogni tipo, perché "your clothes say a lot about you, and mine say I love little girls", come dimostrava la silente ragazza diciannovenne che "Twatrick" si portava appresso.

Io e Ida, un po' intimiditi da tanta umana varietá, facciamo le dovute presentazioni e ci sediamo in attesa di sto benedetto scuolabus trovato su craigslist. Le ore passano ed iniziamo a temere la chioda.

Infine lo xcxoolbus arriva, e risponde esattamente alle nostre aspettative: un autobus giallo completamente ridipinto in stile "In Fondo Al Mar" sotto lsd. A bordo si trovano l'Erin di cui sopra, Karen, un'hippie sessantenne ricolma di premure, Jean Paul, un filosofo canadese quasi muto e forse frocio, e Syrious, un quarantenne scultore afro-americano di West Oakland.

Carichiamo i nostri backpacks stracolmi, issiamo le biciclette sul tetto del bus e partiamo alla volta di Black Rock City.

E ci fermiamo quaranta minuti piú tardi perché la trasmissione del xcxoolbus esplode.

Spenta la mini-ondata di olio bruciato e panico, Erin e Bryan prendono il controllo della situazione e re-inseriscono la trasmissione nel suo apposito alloggio. Decidiamo di fermarci al Wal-Mart piú vicino per comprare olio e pezzi di ricambio. Usciamo dalla 80 ed entriamo nel parcheggio della mecca del consumismo middle-class made in USA, traboccante di pick-up sovradimensionati e famiglie grasse e annoiate. Mentre l'autobus gira attorno al parcheggio in attesa di Erin, tutti i nativi ci guardano con un misto di terrore e meraviglia. Twatrick urla dal finestrino "finalmente avrete qualcosa di cui parlare stasera a cena!". Bryan ci consiglia di fargli delle foto, come fossimo turisti in una strana terra aliena. In qualche modo lo siamo, ma forse non abbastanza, dal momento che l'olio e i pezzi di ricambio ce li vende sempre mamma Walmart. Una bimba asiatica alla nostra vista scoppia in lacrime. Tornato Erin, si riparte.

Il sonno prende il sopravvento, e ranicchiato nel mio sedile dimensione bimbo, mi addormento. Mi sveglio quattro ore dopo, nei pressi di Reno, quando raccogliamo l'ultimo passeggero, Bud, un cowboy psichedelicheggiante, che ci saluta tutti con entusiamo e cioccolatini alla psilocibina, preparati con amore dalla moglie. Cortesemente rifiuto per paura di non riuscire a gestire la situazione, come fanno tutti gli altri verginelli. Twatrick, per la gioia di tutti, si mangia il surplus, una dose di psilocibina che potremmo definire "eroica", o sufficiente per porre una considerevole distanza tra la realtá e un'intera squadra di calcio piú la panchina. Dopo mezz'ora, per il terrore di tutti, Twatrick comincia a delirare, parlando di una certa barca che ci caricherá tutti un giorno, e imitandone la sirena. Syrious, un omaccione alto quasi due metri, empatizza con il nostro terrore e si sposta vicino a lui, in funzione di baby-sitter.

Arriva il tramonto, e dopo quasi dieci ore di viaggio usciamo dall'autostrada, e il paesaggio inizia a farsi desertico. Le montagne del Nevada a questo punto sono molto rosse. Dopo qualche minuto di strada impolverata a una corsia, inizia la coda. Inizia e non finirá piú, fino alla fine del viaggio, sei ore piú tardi. Gli animi dei verginelli sono stanchi ma comprensibilmente ancora eccitati, gli animi dei veterani sono sotto psichedelici.

Dopo ore, arrancando a forza di venti metri poi freno venti mentri poi freno, arriviamo ai cancelli. Albeggia, e la luce rosa che rimbalza sulle montagne attorno alla playa illumina le facce stanche di centinaia di giovani burners in fila per ritirare il biglietto. L'atmosfera é pesantemente surreale. Data l'ora e la stanchezza, tutti sono surrealmente amichevoli. Ritirati i biglietti, rimontiamo sull'autobus assieme a quattro nuovi verginelli che necessitano un passaggio, e arriviamo ai "greeters", il primo degli infiniti piccoli rituali di cui é fatta Black Rock City. Noi verginelli, una decina in tutto, scendiamo dall'autobus e veniamo sistemati in fila da una madre superiora salutatrice. É arrivato il momento di accetare la playa dust, la sabbia sottile come seta che ricopre la spianata del Black Rock Desert e i suoi ospiti, e che nella settimana seguente si infiltrerá senza via di scampo in qualsiasi vestito/poro cutaneo/capello/mucosa/orifizio/possedimento terreno che ci portiamo appresso. Prima accetti il nuovo paradigma di "te stesso + sabbia" meglio é. Lottare é inutile. La fila di verginelli viene fatta stedere a terra. La madre superiora ordina prima di fare un angelo nella polvere, poi di rotolarcisi, poi, per chi se la sente, di leccarla. La lecco. La sabbia del Black Rock Desert ha la particolaritá di essere incredibilmente basica, in pratica una distesa di fine soda caustica, talmente basica da succhiare via ogni residuo di H2o da qualsiasi tessuto, biologico o meno. Uno dei tanti fattori che rendono impegnativa la sopravvivenza in questo luogo. La lingua si tramuta all'istante in un limone rinsecchito. Ci rialziamo e uno alla volta suoniamo un enorme campana di rame, che segna ufficialmente la fine della nostra verginitá.

Rimontiamo sull'autobus ed iniziamo ad attraversare le neonate strada dell'emergente Black Rock City. La pianificazione urbana a forma di C



é giá in piedi da mesi, ma gli abitanti iniziano lentamente a prendere i posti assegnatili nei vari campi solo ora. Lo xcxoolbus arriva a destinazione, 7,45 e Edinburgo (il sistema di orientamento di BRC é basato su un orario, che rappresenta la posizione rispetto ad un ipotetico orologio con al centro il Man, ed una lettera, in questo caso E, che si riferisce alle strade concentriche che partono da A ed arrivano a K), in un campo di circensi omosessuali amici di Erin chiamato "Cirque du So Gay". Veniamo accolti con della pizza vegana e degli abbracci al limite del sexual harrassment. Aiutamo a scaricare l'autobus, salutiamo tutti a parte Twatrick, ancora ben lontano dal percepire la realtá che percepiamo noialtri, e ci mettiamo in marcia alla ricerca del nostro campo, che da sulla Esplanade, l'immensa area centrale, alle 3 e tre quarti. Il nostro campo si chiama Black Rock Transit, organizzato da un gruppo di amici di amici che vive in una co-op a SF, nonché sottocampo dell'Illumination Village, un aggregato super-attrezzato di campi che esiste da una quindicina d'anni. Il nostro campo ha un enorme autobus di quelli che si piegano, trasformato in bruco verde.

In teoria non dovrebbe riuscire difficile trovarlo. In pratica invece risulta difficilissimo, non tanto per le dimensioni del bruco verde o per la difficoltá di navigazione della geografia urbana di BRC, quanto perché la nostra capacitá d'attenzione, giá provata di suo, viene rapita a ogni pié sospinto dagli assurdi livelli di assurditá che ci circonda, costringendoci a centinaia di stop e centinaia di esclamazioni tipo: "Whoa, look at that!", "oh my God have you seen that?", "I can't fucking believe this!", "Where the fuck are we?".

Iniziamo a imparare la prima grande lezione di BRC: qui é difficile avere un piano e metterlo in pratica, perché il posto ti regala automaticamente l'ADD, e la facilitá alla distrazione di un bimbo di sei anni.

Dopo quasi un'ora finalmente troviamo il nostro campo, montiamo la tenda e crolliamo di stanchezza nel freddo dell'alba.

Ci risvegliamo dopo qualche ora e qualche decina di gradi in piú, con la tenda che trasuda condensa. Usciamo e ci ritroviamo catapultati in un altro mondo ancora, la densitá di popolazione attorno a noi sembra raddoppiata. Gli altri abitanti del campo sono in piedi, e iniziamo il lungo giro di presentazioni. Tutti sono piú o meno bianchi, a parte Jack Chi (un adorabile piccolo ninja di Taiwan che a 25 anni ha alle spalle giá un divorzio, una compagnia informatica e un ricovero in clinica dopo aver preso 20 cartoni d'acido) e Godham (un alto e allampanato ragazzo indiano con un PhD in neuroscienza, che si rivelerá una delle conoscenze piú apprezzabili del campo). Tutti altamente educati (PhD di qua ed MIT di la), il che mi rincuora sulla demografia del posto. Prima dell'arrivo temevo che la stragrande maggioranza dei partecipanti fossero o hippie rimastissimi o raver ancora piú rimastissimi, e benché queste due categorie siano tra le piú rappresentate, BRC si é rivelata sociologicamente ben piú variegata delle mie aspettative (BRC si é rivelata molto piú delle mie aspettative sotto qualsiasi livello).

BRC dunque non é solo hippie e ravers, ma anche ingegneri e artisti, informatici (un sacco) e filosofi, scienziati e persone diversamente creative e diversamente sessuate. L'unica costante é l'abbigliamento assurdo e impolverato.

Il Vostro scrivente, nel suo piccolo, ha passato gran parte della settimana cosí vestito: piedi nudi (a mio rischio e pericolo, il contatto prolungato con la sabbia basica della playa infatti crea delle enormi e dolorissime crepe nel tessuto cutaneo, che ho scampato grazie a una buona dose di pediluvi a base di aceto), un kilt rosso sorretto da un enorme cintura di corda nera intrecciata, che si alzava ad ogni folata di vento rivelando alla playa intera le pochezze della mia virilitá, un delizioso vestitino da donna blu con decollete di perline hippieggiante che metteva in risalto il petto, invidiatomi e richiestomi da svariate burners (il vestito, non il petto), un cappello da cowboy con occhio di lapislazzulo finto sopra la fronte, ed ovviamente una maschera da snowboard per le inevitabili tempeste di sabbia.

Io e Ida passiamo il resto della giornata a esplorare, quasi in silenzio, cercando di "taking it all in, as much as we can", con gli occhi stralunati e l'espressione di un bimbo inebetito davanti a centinaia di ore della televisione piú inebetente.

Arriva la sera, e Black Rock City si trasforma completamente, da trailer-park in mezzo al deserto, a distesa psichedelica di luci multicolore, alcune stabili, molte in moto continuo sulle innumerevoli installazioni mobili o interattive che si trovano sull'esplanade, o sulle centinaia di "Mutant Vehicles" che attraversano le strade della cittá, o sulle migliaia di burners e relative biciclette che la notte si ricoprono di led, glow-sticks e luci di ogni tipo (sia per motivi estetici, sia perché é fottutamente pericoloso andarsene in giro non illuminati sulla playa). Non ho ancora assunto niente, ma sento comunque quelle farfalle nello stomaco tipiche del "coming up" da psichedelici.

Si dice che nella playa non devi cercare nulla, perché se cerchi qualcosa non lo trovi, e se non lo cerchi, ti troverá lui. Nonostante la banalitá della massima, risulta presto vera. Pianificare, cercare, chiedere, sembrano tutte azioni inutili, ansiogene e poc'altro. Invece basta imparare ad accettare i doni della playa, e i doni arriveranno, copiosi. La prima sera, mentre passeggiavo solitario sull'esplanade, meravigliato ai limiti della meraviglia, cercando di trovare un compromesso tra la realtá conosciuta e quello che mi entrava negli occhi, m'imbatto in un gruppo di ragazzi dell'Ohio radunati di fronte a un albero di quattro metri fatto di teschi di animali trovati nel deserto (veri teschi, vero deserto). Mi salutano tutti con la cordialitá amorevole che impareró essere il denominatore comune degli abitanti della playa, e dopo qualche chiacchiera mi offrono dei biscotti ai funghi. Vorrei rifiutare, perché giá di mio decisamente sopraffatto nei sensi. Tuttavia, con giusto un pelo di peer-pressure, ne mangio uno.

Si apre un capitolo della mia vita non traducibile in parole. Non posso neanche dirvi "lo lascio alla vostra immaginazione", perché so che la vostra immaginazione, per quanto fervida e ammirevole, fin li non c'arriva. Sta di fatto che non dormo per le seguenti 20 ore, e continuo a vedere luci multicolore anche nel pieno del giorno seguente.

Poi i giorni iniziano a strabordare uno nell'altro, in un lunatico viaggio a corrente alternata di sconvolgimenti e rassicurazioni.

Si aggiungono altri vecchi amici da Berkeley, e andiamo alla scoperta del lato "rave" di BRC. Passiamo una notte a ballare in giro su veicoli mutanti (balliamo su un enorme autobus/nave pirata, balliamo su un enorme fienile stile missisipi psichedelico semovente, balliamo su un enorme orso polare sputafuoco), fino all'alba e al sonno che pensavo non sarebbe mai arrivato, perché BRC non tace, mai, e le temperature variano dal limite dell'ipotermia la notte, alla morte per disidratazione quando il sole ti coglie nella tenda.

Durante il giorno continuo ad esplorare freneticamente, alternando piani falliti (all'entrata ti forniscono di una "event guide", un libricino di un centinaio di pagine, che recita all'incirca dieci eventi diversi all'ora, e che i burner piú esperti consigliano di leggere una volta per trovare uno o due eventi da non mancare, e poi gettare nel primo fuoco che incontri) a incontri fortuiti e meravigliosi. Gli unici eventi che entro la fine della settimana avró pianificato e messo in atto con successo saranno due:
- un workshop di rope-bondage, dove mi insegnano a legare un altro essere umano a scopi sessuali senza rendere l'esperienza estremamente sgradevole o dolorosa, e senza dover imparare con l'esperienza (e il dolore) (cosa che mi é stata in qualche modo richiesta, anche se alla fine si é rivelato molto divertente, e ora so un sacco di cose su nodi fissi e punti di pressioni con e senza terminazioni nervose)
- una lecture al Playaosophy camp, sul perché noi esseri umani troviamo il fuoco cosí affascinante

per il resto "things you stumble on while wandering"

continua